Pacelli e la saggia diplomazia nell’epoca dei totalitarismi

di Luca Rolandi
Vatican Insider

e18b45f0c4Si è svolta presso l’Università Europea di Roma, in collaborazione con l’Institut Catholique de Paris, la terza edizione della giornata di studi sulla politica internazionale della Santa Sede, incentrata quest’anno su “Eugenio Pacelli cardinale segretario di Stato di Pio XI (1930-1939)”. Un confronto tra esperti, ristretto e denso di contenuti.

La figura di Pacelli è stata sinora oggetto di una considerevole mole di studi e ricerche, specie per il periodo in cui fu nunzio apostolico a Monaco di Baviera e a Berlino tra il 1917 e il 1930 e poi Papa tra il 1939 e il 1958. Meno approfondita appare la fase intermedia in cui fu, appunto, chiamato da Pio XI alla guida della Segreteria di Stato.

All’iniziativa – coordinata da Laura Pettinaroli e Massimiliano Valente – hanno preso parte studiosi di diversa provenienza ai quali è stato chiesto di offrire il loro contributo, riguardo alle rispettive aree di competenza e contesti di ricerca, per far emergere con maggiore precisione il carattere, la personalità ed il concorso di Pacelli all’azione di governo della Chiesa tra le due guerre mondiali: le sue decisioni, il suo rapporto con il pontefice, con i membri del collegio cardinalizio, con i nunzi apostolici, ecc., sulla base della documentazione conservata negli archivi vaticani.

Nel corso della giornata si sono quindi succeduti gli interventi di Gianfranco Armando, Giovanni Coco ed Alejandro Mario Dieguez (Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano), Johan Ickx (Archivio Storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati, Città del Vaticano), Lorenzo Botrugno e Paolo Valvo (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Valerio De Cesaris (Università per Stranieri di Perugia), András Fejérdi (Accademia d’Ungheria in Roma), Andreas Gottsmann (Istituto Storico Austriaco di Roma), L’uboslav Hromják (Università Cattolica, Spišské Podhradie, Slovacchia), Marie Levant (Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII, Bologna), Roberto Regoli e Silvano Giordano (Pontificia Università Gregoriana), Cristina Rossi (Università Europea di Roma), Igor Salmic (Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura, Roma) e Rita Tolomeo (Sapienza Università di Roma). Tra i temi affrontati le ragioni della scelta operata da Pio XI circa la nomina di Pacelli alla guida della segreteria di Stato nel 1930, non solo per la sua formazione, l’esperienza di diplomatico pontificio e le grandi capacità di lavoro, ma anche per essere stato considerato un candidato non appartenente alle due principali correnti cardinalizie della Curia Romana (l’una facente capo a Pietro Gasparri e l’altra ai porporati che erano stati vicini a Pio X), e soprattutto, per la volontà del papa di avvalersi di un collaboratore meno indipendente rispetto al cardinale di Ussita.

 A tal proposito è stato rilevato il mutamento dello stile e della prassi di lavoro della Segreteria di Stato rispetto al suo predecessore, Gasparri, che tendeva ad interessarsi soltanto delle questioni più importanti lasciando agli uffici tutte le altre considerate di carattere minore. Al contrario Pacelli avrebbe intrapreso una strada ben diversa, seguendo indistintamente tutte le pratiche. L’obbedienza del segretario di Stato verso Pio XI era espressa dal suo impegno a trasmettere alla lettera, a chi era chiamato a darne attuazione, la “mente” esatta delle decisioni adottate dal suo “augusto superiore”.

 Nel quadro di questa fedele collaborazione con Pio XI è stata rilevata la presenza di alcuni ambiti in cui il pontefice si affidò all’esperienza e alle capacità diplomatiche di Pacelli. Un esempio su tutti è quello riguardante l’area germanica, dove il suo segretario di Stato aveva trascorso più di un decennio con l’incarico di nunzio apostolico: il papa mantenne la scelta dei candidati per la provvista delle diocesi e lasciò a Pacelli la trattazione delle “questioni politiche”.

 Altro tema affrontato nel corso dell’incontro è stato il rapporto tra il Vaticano ed il cattolicesimo politico. Papa Ratti voleva che la libertà religiosa fosse garantita tramite rapporti diretti, sul piano del diritto internazionale, tra la Santa Sede ed i governi attraverso lo strumento concordatario, in considerazione della debolezza dei partiti di fronte ai regimi totalitari o autoritari. Al di là di questa impostazione generale vi furono, però, diversi casi rispetto ai quali si attuò una sorta di “realpolitik” vaticana, con alcuni tentativi di percorrere la strada della tutela degli interessi dei cattolici in ambito parlamentare.

 Riguardo al “dibattito sulle questioni relative alla razza” è stato fatto riferimento alle novità recentemente emerse sul piano della ricerca: tra queste l’attenzione della Curia Romana per gli esponenti dei principali movimenti culturali e scientifici dell’epoca. Come nel caso dell’antropologo Ignaz Zollschan e dell’etnologo Wilhelm Schmidt, i quali ebbero un grande impatto sulla Segreteria di Stato e su Pacelli. Schmidt, in particolare, fu anche autore di uno studio preparatorio in materia – come risulta dalle ricerche di Thomas Brechenmacher e Peter Rohrbacher, presentate in occasione di altri due altri convegni svoltisi recentemente in Vaticano e a Brest –, che sarebbe poi servito da base per la stesura della “Humani generis unitas”, l’enciclica mai pubblicata a causa della morte di papa Ratti nel 1939.

E’ stata confermata, infine, la sintonia tra papa Ratti e il cardinale Pacelli, due caratteri e modalità di lavoro che si completavano a vicenda, nonché l’importanza del ruolo di Pacelli nella sua funzione di Segretario di Stato nel corso degli anni Trenta. L’unico che, nell’epoca contemporanea, sarebbe stato eletto pontefice in un conclave, come aveva auspicato proprio Pio XI quando, conversando con Domenico Tardini, aveva detto di lui “Sarà un bel Papa!”.