«La dura gara è in corso»


Il 7 settembre 1947, in Piazza San Pietro, il Papa rivolge un importante discorso agli uomini di Azione Cattolica. Interrotto diverse volte dall’applauso dei fedeli, Pio XII propone un piano che è ancora attuale, e che prevede cinque fondamentali “campi di battaglia”: una maggiore e più concreta educazione alla fede; la tutela della domenica e del riposo festivo; la tutela della famiglia, da cui dipende il bene dell’intera società; la giustizia sociale con una cultura dei diritti che ha un sapore più che moderno; e, infine, «la lealtà e la veracità nella convivenza umana, la coscienza della responsabilità per il bene comune».
L’invito ad essere «larghi di cuore» – pronunciato dal Papa in quella circostanza – con tutte le esigenti indicazioni che proponeva allora ma che sono di soprendente attualità, risuona oggi con la voce ancora squillante e deteminata di Papa Pacelli, grazie all’audio che siamo lieti di pubblicare sul nostro Sito, grazie alla cortese disponibilità della Famiglia Spirituale
L’Opera, proprietaria della registrazione.

Conforto, letizia e giusto vanto empiono l’animo Nostro, diletti figli, nel vedervi oggi qui adunati dinanzi a Noi in folte schiere; moltitudine imponente, come mare ondeggiante, i cui flutti si ripercuotono fino all’atrio del massimo Tempio della Cristianità.

A Noi che con paterno compiacimento vi salutiamo, voi apparite quasi la personificazione di un grido di riconoscenza che dal profondo dei vostri cuori sale all’Onnipotente Signore per il bene che Egli negli ultimi venticinque anni ha operato col ministero degli Uomini di Azione Cattolica. Basta un rapido sguardo agli scopi della vostra Unione: perfezionamento religioso e morale dei soci e loro educazione sociale e civile secondo gl’insegnamenti della Chiesa; incremento della vita cristiana e difesa della libertà della Chiesa in tutte le sue manifestazioni; restaurazione del Regno di Cristo nella famiglia, nella scuola, nelle pubbliche istituzioni, in tutta la vita economica e sociale. Un tale sguardo, diciamo, al vostro programma è sufficiente per richiamare alla mente quanto, con spirito di viva fede, è stato da voi osato, operato, conseguito, superando difficoltà e affrontando disagi.

La vostra gratitudine si rivolge dopo Dio anche ai vostri Capi, così della Gerarchia ecclesiastica come del laicato : innanzi tutto al Nostro indimenticabile Predecessore Pio XI, Fondatore e Padre della vostra organizzazione. Quindi agli altri, ai vivi e qui presenti, non meno che ai trapassati; voi conoscete i loro nomi, che gli annali dell’Azione cattolica ricorderanno sempre con onore e che sono caratterizzati dalle tre parole a voi così familiari: uomini di «preghiera », di ricca vita religiosa interiore; uomini di « azione », d’instancabile attività per la causa cattolica; uomini di «sacrificio », di generosa dedizione a Cristo, alla Chiesa, al Papato.

Ma anche più che la testimonianza della vostra riconoscenza e della vostra soddisfazione per quanto è stato già ottenuto, questa vostra adunanza è la manifestazione di una tenace volontà, salda come il granito, di una prontezza che mira al presente e al futuro e che nasce da forti principi, da chiare vedute, da ferme risoluzioni. Il vostro venticinquesimo anniversario non è per voi soltanto una meta raggiunta da consolidare, ma una soglia per un balzo in avanti verso un più lontano e vasto orizzonte. Una tale volontà è davvero necessaria nel momento presente.

Noi abbiamo cinque anni or sono nello stesso mese di settembre, ampiamente parlato dell’Uomo di Azione cattolica, della sua collaborazione al rinascimento spirituale della società, del suo influsso sulla famiglia, sulla vita professionale, sul mondo esteriore. I doveri, di cui allora discorrevamo, si presentano oggi a voi con una urgenza che difficilmente potrebbe concepirsi maggiore. Ognuno di quei doveri — e non sono pochi — preme con impeto ed esige il più coscienzioso adempimento, non di rado anche con atti di vero eroismo. E non vi è tempo da perdere.

Il tempo della riflessione e dei progetti è passato; è l’ora dell’azione. Siete pronti? I fronti contrari, nel campo religioso e morale, si vengono sempre più chiaramente delineando: è l’ora della prova. La dura gara, di cui parla S. Paolo, è in corso; è l’ora dello sforzo intenso. Anche pochi istanti possono decidere la vittoria. Guardate il vostro Gino Bartali, membro dell’Azione cattolica; egli ha più volte guadagnato l’ambita «maglia ». Correte anche voi in questo campionato ideale, in modo da conquistare una ben più nobile palma: Sic turrite ut comprehendatis (1 Cor. 9, 24).

Quali sono oggi per voi, Uomini di Azione cattolica, i punti più importanti in questo cimento, le palestre principali della nostra attività? Noi crediamo di doverne brevemente segnalare soprattutto cinque:

1°) Cultura religiosa. Profonda, solida cognizione della fede cattolica, delle sue verità, dei suoi misteri, delle sue forze divine. Si è coniata l’espressione «anemia della vita religiosa». Essa suona come un grido d’allarme. Quell’anemia si deve far risalire — in primo luogo, e in tutte le classi, così dei dotti come dei lavoratori manuali — alla spesso quasi assoluta ignoranza nelle cose religiose. Questa ignoranza ha da essere combattuta, estirpata, vinta. Tale ufficio spetta primieramente al Clero, e perciò Noi scongiuriamo i Nostri Venerabili Fratelli nell’Episcopato di nulla omettere, affinchè i sacerdoti adempiano pienamente un così grave obbligo.

Ma poi tocca a voi, diletti figli, aiutare la Chiesa in quest’opera. Nutrite anzitutto voi stessi, mente e cuore, col cibo sostanziale della fede cattolica, quale a voi si offre in tutto l’insegnamento vivo della Chiesa, nelle Sacre Scritture di cui lo stesso Spirito Santo è autore, nella sacra Liturgia, nelle pie devozioni approvate e in tutta la sana letteratura religiosa. Quindi portate e diffondete la verità di questa fede largamente in ogni città, in ogni villaggio, in ogni angolo, anche il più riposto del vostro bel paese, come diffusa è l’aura vitale, che penetra dappertutto e tutto avvolge e fascia; propagatela particolarmente fra quelli che infelici congiunture travolsero nella incredulità.

2°) Santificazione delle feste. La domenica deve tornare ad essere il giorno del Signore, dell’adorazione e della glorificazione di Dio, del santo Sacrificio, della preghiera, del riposo, del raccoglimento e della riflessione, del lieto ritrovo nella intimità della famiglia. Una dolorosa esperienza ha insegnato che per non pochi anche fra quegli stessi, i quali durante tutta la settimana lavorano onestamente e assiduamente, la domenica è divenuta il giorno del peccato.

Mettetevi dunque con tutte le vostre forze sulla difesa, affinchè un grossolano materialismo, un eccesso di piaceri profani, la più cruda corruzione morale negli scritti e nelle rappresentazioni, non s’impadroniscano della domenica, per cancellare dal suo volto l’impronta divina e traviare le anime nel peccato e nella irreligiosità. Invero l’esito della lotta fra la fede e la incredulità dipenderà in buona parte da quel che l’uno e l’altro fronte opposto sapranno fare della domenica: porterà essa ancora scolpito sulla fronte, chiaro e fulgente, il nome santo del Signore, o sarà questo empiamente oscurato e negletto? Con ciò un gran campo di azione vi attende. Andate coraggiosi all’opera, e contribuite a ridare la domenica a Dio, a Cristo, alla Chiesa, alla pace e alla felicità delle famiglie.

3°) Salvezza della famiglia cristiana. All’Italia deve essere conservato quel che fu sempre il suo vanto e la sua forza : la madre cristiana; deve essere conservata la cristiana educazione della gioventù, e quindi anche la scuola cristiana: deve essere conservato il focolare cristiano, rocca del timor di Dio, della inviolata fedeltà, della sobrietà, dell’amore e della pace, ove domina quello spirito da cui era pervasa in Nazareth la casa di Giuseppe, vostro celeste Patrono.

Salvare la famiglia cristiana è precisamente la missione precipua dell’Uomo cattolico. Non dimenticate: da ciò che egli è e da ciò che egli vuole dipende, non meno che dalla donna stessa, la sorte della madre e della famiglia italiana.

4°) Giustizia sociale. Confermiamo ciò che avemmo occasione di esporre anche recentemente, Per i cattolici la via da seguire nella soluzione della questione sociale è chiaramente segnata dalla dottrina della Chiesa, e la benedizione di Dio riposerà sul vostro lavoro, se voi non vi discosterete di un sol passo da questa via. Voi non avete bisogno di escogitare apparenti soluzioni o di conseguire ingannevoli risultati con facili e vuote frasi. Ciò a cui però voi potete e dovete tendere è una più giusta distribuzione della ricchezza. Essa è e rimane un punto programmatico della dottrina sociale cattolica.

Senza dubbio il naturale corso delle cose porta con sè — e non è nè economicamente nè socialmente anormale — che i beni della terra siano, entro certi limiti, disugualmente divisi. Ma la Chiesa si oppone all’accumulamento di quei beni nelle mani di relativamente pochi straricchi, mentre vasti ceti del popolo sono condannati a un pauperismo e ad una condizione economica indegna di esseri umani.

Una più giusta distribuzione della ricchezza è dunque un alto scopo sociale degno dei vostri sforzi. Il suo conseguimento però suppone che i singoli e le collettività dimostrino per i diritti e i bisogni altrui quella stessa comprensione che hanno per i propri diritti e i propri bisogni.

Coltivare in voi questo senso e risvegliarlo poi anche negli altri è uno dei più nobili uffici degli Uomini di Azione cattolica.

5°) Nello stesso spirito deve trovare il suo rinnovamento un altro sentimento morale: la lealtà e la veracità nella convivenza umana, la coscienza della responsabilità per il bene comune. È inquietante il vedere fino a qual punto, come conseguenza delle incredibili agitazioni della guerra e del dopoguerra, la fedeltà e la onestà nella vita economica e sociale si sono dileguate. Quel che in tale campo si manifesta, non è più soltanto un difetto esteriore di carattere, ma rivela una grave malattia interna, una intossicazione spirituale, che è anche in buona parte la causa di quella anemia religiosa.

Il caos economico e finanziario, prodotto di ogni grande cataclisma, ha stimolato ed acuito l’ingordigia dei guadagni, che spinge gli animi a losche speculazioni e manovre con danno della intera popolazione. Noi abbiamo sempre biasimato e condannato tali maneggi, da qualsiasi parte provengano, non meno che ogni illecito commercio, ogni falsificazione, ogni inosservanza delle giuste leggi emanate dallo Stato per il bene della comunanza civile.

Spetta dunque agli Uomini di Azione cattolica di collaborare alla guarigione di questo male con la parola e con l’esempio, col proprio esempio innanzi tutto e poi anche col più efficace influsso sulla pubblica opinione.

Noi crediamo di non poter meglio riepilogare questi vostri propositi, per il cui compimento già fervidamente vi adoperate, che col motto da voi stessi prescelto: Chiesa, Famiglia, Lavoro; motto che vi accompagnerà nei prossimi nuovi venticinque anni della vostra Associazione, et ultra. Intanto all’inizio di questo secondo periodo vogliate imprimere nell’animo vostro le due seguenti esortazioni:

1°) Siate larghi di cuore. Dovunque voi incontrate per la causa di Cristo e della Chiesa sincera buona volontà, operosità, intelligenza, destrezza, sia nelle vostre proprie file, sia al di fuori dell’Azione cattolica, anche se si presentano con nuove, ma sane, forme di apostolato, rallegratevene, non impeditele, anzi mantenete buona amicizia con loro e aiutatele, ogniqualvolta il vostro appoggio è possibile e desiderato od atteso. I bisogni, cui la Chiesa deve provvedere nell’ora presente, sono così numerosi ed urgenti, che benvenuta è ogni mano la quale offra la sua generosa cooperazione.

2°) Abbiate sempre vivo nella mente e nel cuore l’ideale, la cui grandezza risuona nel ritmo energico del vostro « Inno »: non solo difesa, ma conquista. Senza dubbio la tutela e la conservazione della presente consistenza delle forze cattoliche nel vostro popolo è già di per sè impresa altamente meritoria. Suoi dirsi però che chi si restringe a star sempre sulla difensiva, va lentamente perdendo. E in realtà l’Azione cattolica vuoi essere più che la pura coesione di cattolici fedeli. Il suo scopo ultimo è di riguadagnare il perduto e di avanzare a nuove conquiste. Voi perciò non dovete acquietarvi finchè quei ceti degli uomini colti e quella parte dei lavoratori, che per infelici contingenze si sono allontanati da Cristo e dalla Chiesa, non abbiano trovato la via del ritorno.

Non chiudetevi dunque in voi stessi, ma spingetevi innanzi nelle file aliene, per aprire gli occhi degl’ingannati e degli illusi alle ricchezze della fede cattolica. Talvolta soltanto malintesi, più spesso ancora una completa ignoranza, li dividono da voi. Non pochi di loro attendono forse un cuore amante da parte vostra, un’aperta spiegazione, una parola liberatrice. Nell’arte di guadagnare gli uomini voi potete apprendere qualche cosa anche dai vostri avversari. Meglio ancora : Imparate dai cristiani dei primi secoli! Soltanto così, con una sempre nuova azione e penetrazione nel mondo pagano, la Chiesa da umili inizi potè crescere e progredire, spesso fra indicibili travagli e martìrii, altre volte attraverso decenni di maggiore o minore tranquillità e di più o meno largo respiro, finchè dopo tre secoli il potente Impero si vide costretto a confessarsi vinto e a concludere con la Chiesa la pace.

È vero, dirà forse qualcuno, ma la Chiesa era allora giovane. — La Chiesa è sempre giovane! Essa, forza e virtù di Dio, custode e dispensatrice perenne del divino nel mondo, non può, per volgere dei tempi, soccombere all’età, ma, immacolata da ogni errore, vive di vita indistruttibile e ritrova sempre di nuovo il suo vigore giovanile, secondo la volontà e con la grazia di Colui, che sta al suo fianco fino alla consumazione dei secoli.

Ma la giovinezza immortale della Chiesa si manifesta — oh cosa mirabile ! — specialmente nel dolore. Essa è «Sposa di sangue» (cfr. Exod. 4, 25). Nel sangue sono i suoi figli, i suoi ministri, calunniati, imprigionati, uccisi, sgozzati. Chi avrebbe creduto mai possibile, in questo secolo ventesimo — dopo tanti progressi di civiltà, dopo tante affermazioni di libertà —, tante oppressioni, tante persecuzioni, tante violenze? Ma la Chiesa non teme. Essa vuole essere Sposa di sangue e di dolore, per ritrarre in sè l’immagine del suo Sposo divino, per soffrire, per combattere, per trionfare con Lui.

Voi volete, diletti figli, riguadagnare gli uomini a Cristo e alla Chiesa. — A Cristo : non vi è stato mai uomo così vicino al Redentore per vincoli domestici, per quotidiani rapporti, per armonia spirituale e per la vita divina della grazia, come Giuseppe, della stirpe di David, ma pur umile lavoratore manuale. Alla Chiesa: egli è il Patrono della Chiesa universale. Come non lo avreste dunque anche voi scelto a vostro celeste Protettore? Voi avete spiegato dinanzi a Noi il Labaro della vostra Unione. Noi confidiamo voi e l’opera vostra, i vostri cimenti e le vostre speranze, all’amore paterno di San Giuseppe, non meno che alla potente intercessione, della sua Sposa, la purissima Vergine e Madre di Dio, Maria.

Noi raccomandiamo in pari tempo voi stessi e il vostro avvenire ai due vostri connazionali che nella passata primavera abbiamo elevati alla gloria dei Beati, Contardo Ferrini e Maria Goretti. Contardo Ferrini è il modello dell’uomo cattolico dei nostri giorni. Maria Goretti ha conquistato il cuore del popolo — non solo delle donne e delle fanciulle, ma egualmente degli uomini e dei giovani —, senza dubbio anche per il motivo che la sua breve vita terrena rispecchia la sorte di milioni di buoni italiani, sorte che alla sua volta si compendia nelle tre parole: Chiesa, Famiglia, Lavoro, ma soprattutto perchè ella sigillò col proprio sangue la sua fedeltà al comandamento di Dio e il suo amore verso Cristo. Possa la giovanetta Martire impetrare per voi coraggio, fermezza e vittoria in quest’ora grave e risolutiva.

Alla intercessione della Madre di Dio e dei Santi Noi affidiamo infine quel bene, al quale voi tutti, l’intiero popolo italiano e la grande famiglia delle nazioni con ardente ansia anelano: la pace; non la pace soltanto apparente e giuridica, ma la pace reale e giusta. Noi stessi — per quanto i nemici del Papato, ai quali va pure il Nostro amore e il Nostro augurio di bene, possano travisare le Nostre intenzioni e le Nostre parole — Noi stessi abbiamo sempre servito e serviremo sempre, finchè Ci resti un soffio di vita, la causa della vera pace. Fatevi anche voi, Uomini di Azione cattolica, campioni di questa santa causa. Servire la pace è servire la giustizia. Servire la pace è servire gl’interessi del popolo, specialmente degli umili e dei diseredati. Servire la pace è guardare l’avvenire con occhio sicuro e fermo. Servire la pace è affrettare il giorno in cui tutti i popoli, senza eccezione, deposte le rivalità e le contese, si riuniranno in un abbraccio fraterno. Servire la pace è salvare la civiltà. Servire la pace è preservare la famiglia umana da inenarrabili nuove sventure. Servire la pace è sollevare gli spiriti al cielo e strapparli dal dominio di Satana. Servire la pace è attuare la legge sovrana di Dio, che è legge di bontà e di amore.

Con tale augurio impartiamo con effusione di cuore a voi, diletti figli, come a tutti gli Uomini di Azione cattolica, alle vostre famiglie e a quanti sono affidati alle vostre cure, la Nostra Apostolica Benedizione.

[il testo è tratto dal Sito Ufficiale del Vaticano]