Radiomessaggi natalizi

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pioXII2.gifRadiomessaggio alla Vigilia del Santo Natale, 1941

Noi guardiamo oggi, diletti figli, all’Uomo-Dio, nato in una grotta per risollevare l’uomo a quella grandezza, dond’era caduto per sua colpa, per ricollocarlo sul trono di libertà, di giustizia e d’onore, che i secoli degli dei falsi gli avevano negato. Il fondamento di quel trono sarà il Calvario; il suo ornamento non sarà l’oro o l’argento, ma il sangue di Cristo, sangue divino che da venti secoli scorre sul mondo e imporpora le gote della sua Sposa, la Chiesa, e, purificando, consacrando, santificando, glorificando i suoi figli, diventa candore di cielo. Continua.

pioXII2.gifDiscorso «Negli ultimi sei anni», Vigilia del Santo Natale, 1945

La Chiesa cattolica, di cui l’Urbe è il centro, è soprannazionale per la sua stessa essenza. Ciò ha un duplice senso, uno negativo ed uno positivo. La Chiesa è madre, Sancta Mater Ecclesia, una vera madre, la madre di tutte le nazioni e di tutti i popoli, non meno che di tutti i singoli uomini, e precisamente perché madre, non appartiene né può appartenere esclusivamente a questo o a quel popolo, e neanche ad un popolo più e ad un altro meno, ma a tutti egualmente. È madre, e quindi non è né può essere straniera in alcun luogo; essa vive, o almeno per la sua natura deve vivere, in tutti i popoli. Inoltre, mentre la madre, col suo sposo e i suoi figli, forma una famiglia, la Chiesa, in virtù di una unione incomparabilmente più stretta, costituisce, più e meglio che una famiglia, il corpo mistico di Cristo. La Chiesa è dunque soprannazionale, perché è un tutto indivisibile e universale. Continua.

pioXII2.gifRadiomessaggio alla Vigilia Santo Natale, 1949

Figli lontani, smarriti, delusi e amareggiati, particolarmente voi, ai quali ingannevoli voci e forse anche incauta visione delle cose hanno spento nel cuore l’affetto che già nutrivate per la Santa Chiesa, non vogliate respingere l’offerta di riconciliazione che Dio stesso vi offre per Nostro mezzo e in un tempo veramente accettevole. Siate fin da ora persuasi che dolci sono le vie del ritorno alla casa del Padre e pieno di gaudio l’abbraccio che vi aspetta. Continua.

pioXII2.gifRadiomessaggio in occasione del Santo Natale, 1951

Anche quest’anno la Chiesa si prostra dinanzi al presepio, e dal divino Infante assume la missione del Principe della pace. Vicina a lui, essa respira il soffio della vera umanità, vera nel senso più pieno della parola, perchè è la umanità stessa di Dio, suo Creatore, suo Redentore e suo Restauratore. Con gli occhi amorosamente fissi sul volto del Principe infinitamente amabile della pace, essa sente i battiti del suo cuore annunziante l’amore che abbraccia tutti gli uomini, e s’infiamma di ardente zelo per la missione pacificatrice del suo Signore e Capo, che è anche la sua.
Sempre viva ed efficacemente operante si è rivelata nella Chiesa, e specialmente nei Romani Pontefici, suoi Capi visibili, la coscienza di questa missione di pace; onde a buon diritto il Nostro grande Predecessore Leone XIII richiamò alla memoria dei popoli quella azione pacificatrice dei Papi, quando nel 1899, alla vigilia della prima Conferenza per la pace, pronunziava queste parole: «E chi li mosse (i romani Pastori) fu la coscienza di un ministero altissimo, fu l’impulso di una spirituale paternità che affratella e salva». Ed anche oggi è lo stesso, come già abbiamo detto.
Quando però dalla dolce intimità, pacifica e calda al cuore, del Bambino di Betlemme la Chiesa e il suo supremo Pastore passano al mondo che vive lontano da Cristo, si sentono come colpiti da una corrente di aria glaciale. Quel mondo non parla che di pace, ma pace non ha; rivendica a sè tutti i possibili ed impossibili titoli giuridici per stabilire la pace, ma non conosce o non riconosce quella missione pacificatrice che emana immediatamente da Dio, la missione di pace dell’autorità religiosa della Chiesa. Continua.

pioXII2.gifRadiomessaggio in occasione del Santo Natale, 1952

Considerando tutto ciò, sorge la domanda: che cosa ha insegnato agli uomini l’esempio di Cristo? in qual modo si comportò Gesù, durante il suo soggiorno terreno, verso la povertà e le miserie? Certamente la sua missione di Redentore fu di liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato, somma miseria. Tuttavia la magnanimità del suo cuore sensibilissimo non poteva fargli chiudere gli occhi sui dolori e i doloranti, in mezzo ai quali aveva scelto di vivere. Figlio di Dio e araldo del celeste suo Regno, stimò delizia il chinarsi commosso sulle piaghe della umana carne e sui cenci della povertà. Nè si tenne soddisfatto di proclamare la legge della giustizia e della carità, nè di condannare con roventi anatemi i duri, i disumani, gli egoisti, nè di ammonire che la sentenza definitiva del giudizio ultimo prenderà norma ed espressione dall’esercizio della carità, come prova dell’amore di Dio; ma di persona si prodigò ad aiutare, a guarire, a nutrire.
Certo Egli non chiese se e fino a qual punto la miseria, che aveva dinanzi, ricadeva a difetto o a mancanza dell’ordinamento politico ed economico del suo tempo. Non però quasi che ciò fosse a lui indifferente. Al contrario, Egli è il Signore del mondo e del suo ordine. Ma come personale fu la sua azione di Salvatore, così volle andare incontro alle altre miserie col suo amore operante da persona a persona. L’esempio di Gesù è oggi, come sempre, uno stretto dovere per tutti. Continua.

pioXII2.gifRadiomessaggio in occasione del Santo Natale, 1953

Tutto ciò può esser fatto, ed è anzi impellente che si faccia nell’Europa, producendo quella unione continentale tra i suoi popoli, differenti bensì, ma geograficamente e storicamente l’uno all’altro legati. Un valido incoraggiamento per tale unione è il manifesto fallimento della contraria politica e il fatto che i popoli stessi, nei ceti più umili, ne attendono l’attuazione, stimandola necessaria e praticamente possibile. Il tempo sembra dunque maturo a che l’idea divenga realtà. Pertanto Noi esortiamo all’azione innanzi tutto gli uomini politici cristiani, ai quali basterà ricordare che ogni sorta d’unione pacifica di popoli fu sempre un impegno del Cristianesimo. Perché ancora esitare? Il fine è chiaro; i bisogni dei popoli sono sotto gli occhi di tutti. A chi chiedesse in anticipazione l’assoluta garanzia del felice successo, dovrebbe rispondersi che si tratta, bensì, di un’alea, ma necessaria; di un’alea, ma adatta alle possibilità presenti; di un’alea ragionevole. Occorre senza dubbio procedere cautamente; avanzare con ben calcolati passi; ma perché diffidare proprio ora dell’alto grado conseguito dalla scienza e dalla prassi politica, le quali sanno bastevolmente prevedere gli ostacoli e approntare i rimedi? Induca soprattutto all’azione il grave momento in cui l’Europa si dibatte: per essa non vi è sicurezza senza rischio. Chi esige un’assoluta certezza, non dimostra buona volontà verso l’Europa. Continua.