Quei concistori «global» di Pio XII e Papa Ratzinger

di Andrea Tornielli
Vatican Insider)

Pio_XII_impone_la_berretta_cardinalizia_a_Giuseppe_SiriLa strada imboccata con decisione da Francesco ha un precedente nella grande «infornata» di nuove porpore del 1946: la testimonianza sui dubbi di Pacelli circa le nunziature e le diocesi «cardinalizie». E non si deve dimenticare il precedente dell’ultima «creazione» di Benedetto XVI.

L’indicazione di Papa Bergoglio, con l’annuncio dei nomi dei nuovi cardinali, è stata chiara e non ha bisogno di interpreti per essere capita. A proposito dell’internazionalizzazione del collegio cardinalizio, può essere richiamato alla memoria il grande concistoro indetto da Pio XII nel febbraio 1946, appena finita la Seconda guerra mondiale. Papa Pacelli, che non aveva creato cardinali durante il conflitto cioè durante i primi sei anni di pontificato, nomina trentadue nuovi porporati. È la creazione cardinalizia più numerosa della storia della Chiesa fino a quel momento e lo rimarrà fino al concistoro del 2001 indetto da Giovanni Paolo II.

Per Pio XII, poco avvezzo alle decisioni immediate e abituato a soppesare a lungo pro e contro, soprattutto nelle nomine, non è facile stendere l’elenco. «Più di una volta mi ha parlato della creazione dei nuovi cardinali», ha testimoniato al processo di beatificazione di Pacelli padre Wilhelm Hentrich, uno dei suoi segretari, «cosa per lui penosa, preoccupante, in quanto non facile era la scelta dei cardinali. Meditava sulla scelta da fare, chiedeva consiglio e la lista fatta subiva spesso sostanziali mutazioni. A quanto mi confidò, la preoccupazione era tale che lo perseguiva per settimane, nella notte e nel sonno».

Una prima decisione che il Papa deve prendere riguarda il numero di porporati che compongono il sacro collegio. Avrebbe aumentato la quota di settanta stabilita da Sisto V nel 1586 con la costituzione Postquam verus? Pio XII stabilì di non sorpassare quel limite, lo farà il suo successore. Ma ciò che lo rendeva «molto perplesso per la nomina dei cardinali – continua padre Hentrich nella sua testimonianza agli atti del processo – riguardava le capacità e i meriti del candidato. Egli non ammetteva che al nunzio di prima classe spettasse il cardinalato in forza della sede che occupava. Lo stesso ragionamento faceva per le sedi residenziali così dette cardinalizie. Un nunzio, dopo alcuni anni di servizio, poteva ritenersi pago e soddisfatto per l’onore di un arcivescovato titolare. Terza ragione della sua perplessità nella scelta dei cardinali era la necessità di tener conto dello sviluppo della Chiesa in Paesi un tempo considerati Paesi di missione…».

Soltanto 4 dei 32 nuovi porporati di quel concistoro post-bellico sono italiani, tanti quanti gli statunitensi, 3 cappelli vanno alla Francia, 3 alla Germania e 3 alla Spagna; dei rimanenti 15, 2 vanno al Brasile, e uno a ciascuna delle seguenti nazioni: Argentina, Armenia, Australia, Canada, Cile, Cina, Cuba, Inghilterra, Mozambico, Olanda, Perù, Polonia e Ungheria. È la prima vera internazionalizzazione del collegio cardinalizio. Tra i nuovi porporati ci sono anche i due vescovi tedeschi che più si sono distinti nella lotta al nazismo, von Preysing di Berlino e von Galen di Münster: entrambi pastori di diocesi che erano tradizionalmente «cardinalizie». Ottengono la berretta anche altri prelati in prima fila contro il nazismo e l’antisemitismo, come Adam Sapieha (Cracovia) Jules-Géraud Saliège (Tolosa) e Johannes de Jong (Utrecht).

Nel 1939, al conclave che elesse Pacelli, quasi la metà dei porporati erano membri della Curia romana. Con il concistoro del 1946 la percentuale curiale scendeva al 24 per cento. Ma sarebbe risalita negli anni e nei pontificati successivi.

Non va infine dimenticato che anche Benedetto XVI, quando ormai aveva già preso in cuor suo la clamorosa decisione della rinuncia, nel novembre 2012 celebrò il suo ultimo concistoro dando la berretta rossa a sei nuovi cardinali, nessuno di quale curiale (lo statunitense James Harvey era diventato arciprete della basilica di San Paolo). Nell’elenco, oltre ad Harvey, ci sono il patriarca libanese Béchara Boutros Raï, l’arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro- Malankaresi (India) Baselios Cleemis Thottunkal, l’arcivescovo di Abuja (Nigeria) John Olorunfemi Onaiyekan, l’arcivescovo di Bogotá (Colombia) Rubén Salazar Gómez e l’arcivescovo di Manila (Filippine) Luis Antonio Tagle. In quella occasione a saltare il turno, per decisione di Benedetto XVI, oltre a molti candidati di diocesi cosiddette «cardinalizie», fu anche il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Gerhard Ludwig Müller. Il secondo concistoro del 2012, ultimo del pontificato ratzingeriano, veniva dopo quello di febbraio, dove le porpore curiali avevano avuto molto spazio.