«Stimò delizia chinarsi sui cenci della povertà»

Il Messaggio del Papa per la Quaresima Misericordia io voglio e non sacrifici è dedicato quest’anno a Le opere di misericordia nel cammino giubilare. Si tratta di una intuizione che si inserisce appieno nel percorso che la Chiesa propone per quest’Anno Santo della Misericordia, richiamando proprio ad una riscoperta e ad una maggior pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale, che Pio XII aveva definito «l’essenza del Vangelo». Esse, spiega Papa Francesco, «ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo».
Può essere d’aiuto, accanto alla lettura del Messaggio del Papa, ascoltare alcune parole pronunciate dal Pio XII al termine del radiomessaggio natalizio del 1952, quando, dopo aver descritto con vera compassione di padre la miseria in cui versavano tante famiglie, aggiungeva…

bambiniConsiderando tutto ciò, sorge la domanda: che cosa ha insegnato agli uomini l’esempio di Cristo? in qual modo si comportò Gesù, durante il suo soggiorno terreno, verso la povertà e le miserie? Certamente la sua missione di Redentore fu di liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato, somma miseria. Tuttavia la magnanimità del suo cuore sensibilissimo non poteva fargli chiudere gli occhi sui dolori e i doloranti, in mezzo ai quali aveva scelto di vivere. Figlio di Dio e araldo del celeste suo Regno, stimò delizia il chinarsi commosso sulle piaghe della umana carne e sui cenci della povertà. Nè si tenne soddisfatto di proclamare la legge della giustizia e della carità, nè di condannare con roventi anatemi i duri, i disumani, gli egoisti, nè di ammonire che la sentenza definitiva del giudizio ultimo prenderà norma ed espressione dall’esercizio della carità, come prova dell’amore di Dio; ma di persona si prodigò ad aiutare, a guarire, a nutrire.

Certo Egli non chiese se e fino a qual punto la miseria, che aveva dinanzi, ricadeva a difetto o a mancanza dell’ordinamento politico ed economico del suo tempo. Non però quasi che ciò fosse a lui indifferente. Al contrario, Egli è il Signore del mondo e del suo ordine. Ma come personale fu la sua azione di Salvatore, così volle andare incontro alle altre miserie col suo amore operante da persona a persona. L’esempio di Gesù è oggi, come sempre, uno stretto dovere per tutti.

Diletti figli, poveri e miseri di tutta la terra! Noi preghiamo Gesù che vi faccia sentire quanto siamo vicini a voi con la Nostra ansia paterna, piena di angoscia e di trepidazione. Sa il Signore come Noi vorremmo avere la onnipresenza e la onnipotenza di Lui per entrare in ciascuna delle vostre dimore a portarvi aiuto e conforto, pane e lavoro, serenità e pace. Vorremmo esservi daccanto, mentre siete oppressi dalla stanchezza nei campi e nelle officine, mentre siete desolati per le malattie che vi affliggono o straziati dai morsi della fame.

senzatetto1Non potremmo infine omettere di osservare che la migliore organizzazione caritativa non basterebbe da sè sola all’assistenza degli uomini in miseria. Occorre aggiungere necessariamente l’azione personale, piena di premure, sollecita a superare le distanze fra il bisognoso e il soccorritore, e che si appressa all’indigente, perchè è fratello di Cristo e anche fratello nostro.

La grande tentazione di un’epoca che si dice sociale, nella quale — oltre la Chiesa — lo Stato, i Comuni e gli altri Enti pubblici si dedicano a tanti problemi sociali, è che le persone, anche credenti, quando il povero batte alla loro porta, lo rinviino semplicemente all’Opera, all’Ufficio, alla organizzazione, stimando che il loro dovere personale sia già sufficientemente adempiuto coi contributi prestati a quelle istituzioni mediante il pagamento di imposte o doni volontari.

Senza dubbio il bisognoso riceverà allora il vostro aiuto per quell’altra via. Ma spesso egli conta anche su voi stessi, almeno sopra una vostra parola di bontà e di conforto. La vostra carità deve rassomigliare a quella di Dio, che venne in persona a portare il soccorso. È questo il contenuto del messaggio di Betlemme.

Tutto ciò C’incoraggia ad invocare la vostra collaborazione personale. G’indigenti, coloro che la vita ha duramente ridotti a mal termine, gl’infelici di ogni sorta l’attendono. Per quanto dipende da voi, fate che niuno debba più dire mestamente, come già l’uomo del Vangelo infermo da trentotto anni: «Signore, non ho nessuno» (Gv 5,7)!