San Giuseppe, modello di ogni papà

Nella festa di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia di Nazareth, occasione per la “festa del papà”, pubblichiamo di seguito le parole che Pio XII pronunciò, rivolgendosi a delle giovani coppie di sposi, il 10 aprile 1940. Il Papa indica ai futuri genitori – ma soprattutto ai futuri papà – proprio la figura del padre terreno di Gesù, invitando ad imitare le sue virtù. Il suo pensiero va soprattutto alle famiglie più in difficoltà – sia materiali che morali – come in gravi difficoltà si trovarono anche Gesù, Maria e Giuseppe.

san_joseAccogliendovi intorno a Noi, o diletti sposi novelli, come potrebbe il Nostro pensiero non rivolgersi verso San Giuseppe, castissimo Sposo di Maria Vergine, Patrono della Chiesa universale, di cui la sacra liturgia celebra oggi la solennità? Se tutti i cristiani hanno motivo di confidare nella protezione di questo glorioso Patriarca, voi avete certamente per tale grazia un titolo speciale.
Tutti i cristiani sono figli della Chiesa. Questa santa e dolcissima Madre dà alle anime col battesimo quella misteriosa partecipazione alla natura divina che si chiama la grazia, e dopo averle in tal guisa generate alla vita soprannaturale, non le abbandona, ma procura loro mediante i Sacramenti l’alimento che manterrà e svilupperà la loro vita. Così essa può paragonarsi a Maria, Nostra Signora, dalla quale il Verbo assunse la natura umana, e che poi ne sostenne e nutrì la vita colle sue cure materne. Ora in ciascuno dei figli della Chiesa deve essere formato Cristo (Gal IV, 19), ed ognuno deve tendere a crescere “in virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi(Eph IV, 13), in uomo perfetto, alla misura della età piena di Cristo.
Ma chi veglierà su questa e su questo Gesù? Voi lo avete ben compreso: colui che, or sono quasi venti secoli, fu chiamato ad essere lo Sposo di Maria, il Padre putativo di Gesù, il capo della santa Famiglia. E quale sollecitudine egli mise nell’adempire una cosi sublime missione! Noi vorremmo ben saperne le più minute circostanze. Ma questo prediletto della fiducia divina, che doveva servire come di velo al duplice mistero della Incarnazione del Verbo e della Maternità verginale di Maria, sembra rimanere nella sua vita terrena quasi nascosto in un’ombra. Tuttavia i rari e brevi passi, in cui il Vangelo parla di lui, bastano a mostrare quale capo di famiglia fu S. Giuseppe, – quale modello e quale patrono speciale egli è quindi per voi, o giovani sposi.
Custode fedelissimo del prezioso deposito affidatogli da Dio: Maria e il Divino Figliuolo di lei, egli vegliava innanzi tutto sulla loro vita materiale. Quando, per obbedire all’editto di Augusto, partì per farsi iscrivere sul registro del censo nella città di David, chiamata Bethlehem, non volle lasciare sola a Nazareth la sua Vergine sposa, sul punto di divenir Madre di Dio. In mancanza di più particolareggiati testi evangelici, le anime pie amano di raffigurarsi più intimamente le cure che egli prodigó allora a lei e poi al neonato Bambino. Lo vendono sollevare la pesante porta dell’albergo già pieno, simile al khan dei moderni villaggi orientali; quindi rivolgersi invano a parenti ed amici; infine, da per tutto respinto, sforzarsi di mettere almeno un po’di ordine e di nettezza nella grotta. Eccolo che tiene tra le mani virili le manine tremanti di freddo del piccolo Gesù, per riscaldarle. Un poco più tardi, avendo appreso dall’angelo che il suo tesoro era minacciato, “prese di notte tempo il bambino e la madre” (Matth II, 14) e per piste sabbiose, rimovendo dal sentiero rovi e sassi, li condusse in Egitto. Colà duramente lavorò per nutrirli. In seguito a un nuovo ordine del cielo, probabilmente parecchi anni dopo, li ricondusse, a costo delle stesse fatiche, in Galilea nella città di Nazareth (Matth II, 22-23). Quivi insegnava a Gesù, divino apprendista, come maneggiare la sega e la pialla, e andava al lavoro anche fuori del tetto familiare, ove la sera tornava per rivedere i due esseri tanto amati, che lo attendevano sulla soglia con un sorriso e coi quali prendeva posto intorno alla piccola tavola per il pasto frugale.
Assicurare alla sposa e ai figliuoli il pane quotidiano è la più urgente cura del padre di famiglia Oh, la tristezza di veder deperire coloro che si amano, perchè non vi è più nulla nell’armadio, nulla nella borsa!
Ma la Provvidenza, che condusse per la mano l’antico Giuseppe, quando, tradito e venduto dai suoi fratelli, fu prima schiavo, per divenir poi il soprintendente e signore di tutta la terra d’Egitto (Gen XLI, 43; XLV, 9) e il nutritore della sua famiglia (ib., XLV, 18); la Provvidenza, che guidò il secondo Giuseppe in quello stesso Paese, ove giunse privo di tutto, senza conoscere nè gli abitanti, nè i costumi, nè la lingua, e donde, ciò nonostante, ritornò sano e salvo con Maria sempre attiva e Gesù che cresceva in sapienza, in età e in grazia (Luc II, 52); la Provvidenza non avrebbe più oggi la stessa bontà compassionevole, lo stesso illimitato potere? Ah, temiamo piuttosto che gli uomini dimentichino le parole di Nostro Signore nel Vangelo: “Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato di soprappiù” (Matth VI, 33). Date a Dio coraggiosamente e lealmente ciò che Egli ha diritto di attendere da voi: tutto lo sforzo personale possibile, l’obbedienza dovutagli come a Signore supremo, la fiducia verso di Lui come il migliore dei padri. Allora voi potrete contare su ciò che attendete da Lui e che vi ha promesso quando disse: “Guardate gli uccelli dell’aria; guardate i gigli del campo; e non mettetevi inpena per il domani” (Matth VI, 26-34).
Saper domandare a Dio ciò di cui si ha bisogno, è il segreto della preghiera e della sua potenza, ed è ancora un insegnamento che vi dà San Giuseppe. Il Vangelo, è vero, non ci dice espressamente quali erano le preghiere che si facevano nella casa di Nazareth. Ma la fedeltà della santa Famiglia all’osservanza delle pratiche religiose ci è, se pur ve ne fosse bisogno, esplicitamente attestata, ad esempio quando S. Luca el narra (II, 41 sqq) che Gesù andava con Maria e Giuseppe al tempio di Gesuralemme per la Pasqua, secondo il costume di quella solennità. È facile dunque, è dolce di rappresentarci questa santa Famiglia in Nazareth all’ora della consueta preghiera. Nell’alba dorata o nel violaceo crepuscolo della Palestina, sulla piccola terrazza della loro bianca casetta, rivolti verso Gerusalemme, Gesù, Maria e Giuseppe sono in ginocchio; Giuseppe, come capo della famiglia, recita la preghiera ma è Gesù che la ispira, e Maria unisce la sua dolce voce a quella grave del santo Patriarca!
Futuri capi di famiglia! meditate e imitate questo esempio, che troppi uomini oggi dimenticano. Nel fiducioso ricorso a Dio, voi troverete non solamente le benedizioni soprannaturali, ma anche la migliore sicurezza di quel “pane quotidiano”, così ansiosamente, così laboriosamente, e talora invano cercato.
Quasi delegati e rappresentanti del Padre che è nei cieli e “da cui tutta la famiglia in cielo e in terra prende nome” (Eph III, 15), domandategli che, come vi ha dato qualche cosa della sua tenerezza, cosi vi dia pure alcunchè della sua potenza, per portare il caro, ma talvolta grave peso delle cure familiari.