Non è un fantasma il Dio del tabernacolo!

In occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore, pubblichiamo ampi stralci del bellissimo discorso pronunciato da Papa Pio XII, il 28 aprile 1939, ricevendo i partecipanti al Congresso Nazionale Italiano dei Sacerdoti Adoratori del Santissimo Sacramento.

piusmasss   Il Salvatore divino è con noi, non già come ombra fugace della fama e del nome che resta sulle tombe e sui monumenti dei grandi uomini che passano, ma quale Dio presente nella sua divinità e umanità, Dio nascosto nell’ombra dei pani mutati: ombra che Ci par di ravvisare in quelle tenebre del lago di Tiberiade, in quella notte che Cristo camminava sopra i marosi, e ai discepoli a fatica remiganti parve fantasma. No, non è un fantasma il Dio dei tabernacoli che adoriamo. É quel medesimo che allora disse ai pavidi discepoli: Abbiate fiducia; sono io, non temete. É quel medesimo che dice: Eccomi con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei tempi.

É quel medesimo che cammina sulle onde dei secoli, signore dei venti e delle procelle umane. Egli cammina sull’onde tempestose al fianco e innanzi alla sua Chiesa; risponde ai suoi ministri che lo chiamano con la voce sacra, a loro da lui largita; e ai suoi altari invita e aduna da venti secoli le nazioni e le genti, il popolo e i regnanti, i martiri e le vergini, i pontefici e i sacerdoti, prostrati nell’adorarlo presente, nell’amarlo nascosto, nell’invocarlo compagno nella gioia e nel dolore, nella vita e nella morte.

Il Dio dell’altare sta in mezzo a noi, invisibile, ma testimone fedele, primogenito tra i morti, principe dei re della terra, il quale ci ha amati e ci ha lavati dei nostri peccati col proprio sangue e ci ha fatti regno e sacerdoti a Dio suo Padre; il primo e l’ultimo, il vivente che fu morto ed è vivente pei secoli dei secoli. Ma è insieme in mezzo a noi, il Dio dell’arcano. Cadiamo ai suoi piedi, adoriamolo nel roveto ardente del suo amore per noi, se non ci è dato contemplarlo, come lo vide il rapito Evangelista. È il mistero della fede, centro dell’incruento divino sacrificio, geloso segreto della Sposa di Cristo, cui nei primi secoli della sua immutabile giovinezza amò celare sotto il velo dell’arcano anche i teneri suoi figli: arcano fatto mistero di un mistero, nascosto da secoli eterni in Dio e che nasconde un Dio. Davanti a questo mistero si chinarono nella polvere gli Apostoli e i martiri; nelle basiliche i pontefici; nei deserti e nei cenobi i monaci e gli anacoreti; nei chiostri le vergini; nei campi della lotta le schiere; nelle cattedre i dottori; nelle vie i popoli. Cristo era in mezzo a loro; ma chi lo vide? chi lo ravvisò? Beati quelli che non lo videro e credettero: «Beati qui non viderunt et crediderunt».

Ma Cristo non solo è presente in mezzo al mondo, bensì anche si accosta all’uomo e sta con lui, coi suoi apostoli, coi suoi fedeli, con tutte le genti, conquista del suo sangue. Duplice è la sua presenza. Ha una presenza divina, con la quale sostiene l’universo da lui creato, segue i passi degli uomini per le vie del bene e del male ed è loro testimone e giudice inclinatore al bene e punitore del male. Ha un’altra presenza umana e insieme divina, per la quale innalza i suoi padiglioni nelle catacombe, fra le dense case dei popoli, per le campagne, per le selve, nelle valli, sui monti, per i deserti, per le nevi, in mezzo ai ghiacci perpetui, dovunque un sacerdote con la onnipotente parola di Lui levi in alto un pane e un calice, adorando ciò che ha fatto in memoria di Lui. Là Egli sta col suo ministro, con lui cammina, si fa nostro cibo, viatico dei moribondi e degli infelici, fratello, sposo, padre, medico, conforto e vita delle anime, pane degli angeli, arra di gaudio immortale. Ecce ego vobiscum sum; Ecco, io sono con voi.

Finché sui campi del nostro globo spunterà una spiga di grano e penderà un grappolo d’uva, e un sacerdote salirà pensoso del sacrificio l’altare, l’Ospite divino sarà con noi; e il credente curverà nella fede la mente e il ginocchio innanzi a un’Ostia consacrata, come all’ultima cena gli apostoli nel pane e nel vino consacrato che il Salvatore dava loro dicendo: «Questo è il mio corpo; Questo è il mio sangue»; adorarono Cristo, il Maestro divino con quella pura e alta fede che crede ai portenti della sua parola, e di cui si sostanzia l’interna adorazione, fede senza la quale è vano segno il piegare di un ginocchio. Da quell’ora del Cenacolo cominciarono i secoli del Dio dell’Eucaristia; il giro del sole ne illuminò i passi con le sue aurore e i suoi tramonti; le scavate viscere della terra lo accolsero salmodiando; negli eremi, nei cenobii, nelle basiliche, sotto gli aerei pinnacoli s’inchinarono a lui pastori e popoli, principi ed eserciti. Nelle sue conquiste si avanzava coi suoi araldi e sacerdoti oltre í mari e gli oceani, e dall’Oriente all’Occidente, da un polo all’altro il Redentore ormai pianta ogni dì i suoi tabernacoli, perseverando contro l’ingratitudine degli uomini in trovare le sue delizie a stare con essi, solo bramoso di effondere a loro salvezza i tesori delle sue grazie e della sua magnificenza.

Qui il testo integrale del discorso.