La prima penitenza: saper sopportare la vita!

“Nei giorni della Quaresima, la Chiesa, nostra Madre, moltiplica le sue cure perché ognuno di noi si renda diligentemente conto delle sue miserie, sia attivamente incitato alla emendazione dei costumi, e detesti in modo particolare i peccati cancellandoli con la preghiera e la penitenza; giacché l’assidua preghiera e la penitenza dei peccati commessi ci ottengono l’aiuto divino, senza il quale è inutile e sterile ogni opera nostra” (Pio XII, Lettera Enciclica Mediator Dei).
Proproniamo di seguito alcuni fondamentali passaggi dell’omelia che il Papa tenne per il solenne rito penitenziale del 26 marzo dell’Anno Santo 1950. Dalla costatazione della perdita del senso del peccato, in una società dominata da forme sempre più sofisticate di edonismo, Pio XII trae l’urgente ed accorato invito ad un cambio di rotta, in uno spirito di penitenza che è anzitutto – dice – “saper sopportare la vita” e portarne con Gesù le croci, piccole e grandi.

Temaa10Misurate, se vi regge l’occhio e lo spirito, con l’umiltà di chi forse deve riconoscersene in parte responsabile, il numero, la gravità, la frequenza dei peccati nel mondo. Opera propria dell’uomo, il peccato ammorba la terra e deturpa come macchia immonda l’opera di Dio. Pensate alle innumerevoli colpe private e pubbliche, nascoste e palesi; ai peccati contro Dio e la sua Chiesa; contro se stessi, nell’anima e nel corpo; contro il prossimo, particolarmente contro le più umili e indifese creature; ai peccati infine contro la famiglia e la umana società. Alcuni di essi sono tanto inauditi ed efferati, che sono occorse nuove parole per indicarli. Pesate la loro gravità: di quelli commessi per mera leggerezza e di quelli scientemente premeditati e freddamente perpetrati, di quelli che rovinano una sola vita o che invece si moltiplicano in catene d’iniquità fino a divenire scelleratezze di secoli o delitti contro intere nazioni. Confrontate, alla luce penetrante della fede, questo immenso cumulo di bassezze e di viltà con la fulgida santità di Dio, con la nobiltà del fine per cui l’uomo è stato creato, con gl’ideali cristiani, per cui il Redentore ha patito dolori e morte; e poi dite se la divina giustizia possa ancora tollerare tale deformazione della sua immagine e dei suoi disegni, tanto abuso dei suoi doni, tanto disprezzo della sua volontà, e soprattutto tanto ludibrio del sangue innocente del suo Figliuolo.

Vicario di quel Gesù, che ha versato fin l’ultima goccia del suo sangue per riconciliare gli uomini col Padre celeste, Capo visibile di quella Chiesa che è il suo Corpo mistico per la salvezza e la santificazione delle anime, Noi vi esortiamo a sentimenti e ad opere di penitenza, affinchè si compia da voi e da tutti i Nostri figli e figlie sparsi per il mondo intero il primo passo verso la effettiva riabilitazione morale della umanità. Con tutto l’ardore del Nostro cuore paterno vi domandiamo il sincero pentimento delle colpe passate, la piena detestazione del peccato, il fermo proposito di ravvedimento; vi scongiuriamo di assicurarvi il perdono divino mediante il sacramento della confessione e il testamento di amore del Redentore divino; vi supplichiamo infine di alleggerire il debito delle pene temporali dovute alle vostre colpe con le multiformi opere di soddisfazione: preghiere, elemosine, digiuni, mortificazioni. Per questa via l’anima ritorna nelle braccia del Padre celeste, risorge nella grazia santificante, si ristabilisce nell’ordine e nell’amore, si riconcilia con la divina giustizia.

Non temete per la gioia serena della vostra vita, quasi che l’invito alla penitenza voglia stendervi un velo di cupa tristezza. L’edonismo, cioè la ricerca affannosa di ogni godimento terreno, lo sforzo esasperato di conquistare quaggiù e ad ogni costo la felicità intera, la fuga, come da somma sciagura, dal dolore, l’affrancamento da ogni penoso dovere; tutto questo rende la vita triste e quasi insopportabile, perchè scava intorno allo spirito un vuoto mortale. Non altro indica il presente moltiplicarsi di gesti insani di ribellione alla vita e al suo Autore, perchè con anticristiana pretesa si vuole da essa escludere ogni sorta di patimento.

Saper sopportare la vita! È la prima penitenza di ogni cristiano, la prima condizione e il primo mezzo di santità e di santificazione. Con quella rassegnazione docile che è propria di chi crede in un Dio giusto e buono, ed in Gesù Cristo maestro e guida dei cuori, abbracciate con coraggio la spesso dura croce quotidiana. A portarla con Gesù il suo peso diventa lieve.

O Gesù crocifisso, che avete divinizzato la natura umana, assumendola voi stesso, che, dopo aver predicato la giustizia, la carità, la bontà, dopo aver fatto del ricco e del potente la forza del povero e del debole, avete con la vostra passione e morte donato la salute e la salvezza al genere umano, volgete il vostro sguardo amoroso su questo popolo, che, unito ai fedeli di tutto il mondo, si prostra ai vostri piedi in spirito di penitenza ed invoca da voi il perdono, anche per tanti infelici che deliberatamente vorrebbero scoronarvi e profanarvi nell’orgoglio meschino della loro intelligenza e nella sterile voluttà della loro carne. O Signore, salvateci, che non periamo. Calcate le onde nel pelago agitato dell’animo nostro, siate il nostro compagno nella vita e nella morte, il nostro giudice pietoso. Le folgori dei meritati castighi cedano il posto a una nuova e larga effusione della vostra misericordia sulla umanità redenta. Estinguete gli odi; accendete l’amore; disperdete col soffio potente del vostro Spirito i pensieri e le brame di dominazione, di distruzioni e di guerre. Concedete il pane ai piccoli, ai senzatetto la casa, ai disoccupati il lavoro, la concordia alle nazioni, la pace al mondo, a tutti il premio della eterna beatitudine. Così sia.

Qui il testo completo dell’omelia.