Eugenio Pacelli «romanus»

Intervento dell’Avv. Emilio Artiglieri,
Presidente del Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII,
al concerto del 6 marzo 2016
nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma
per il 140° anniversario dalla nascita di Pio XII
(«Pio XII e il cuore di Roma»)

Schermata 2016-03-07 alle 10.31.20Il tema: Pio XII e il cuore di Roma potrebbe essere preso in considerazione sotto diversi aspetti.
Nel cuore di Roma e, precisamente, a Palazzo Pediconi (a sinistra), in Via Monte Giordano n. 34, ora Via degli Orsini, accanto alla Piazzetta dell’Orologio, tra il Rione Ponte e il Rione Parione, nasceva il 2 marzo 1876 Eugenio Pacelli da Virginia Graziosi e Filippo Pacelli; nel 1880 la famiglia si trasferì nella vicina Via della Vetrina n. 19.

La sua formazione spirituale avvenne soprattutto presso la Chiesa Nuova o Santa Maria in Vallicella; quella intellettuale prese avvio nel Regio Liceo Ginnasio “Ennio Quirino Visconti” che occupava la sede di quello che, fino al 1870, era l’antico Collegio Romano, proprio a fianco di questa chiesa, dedicata a Sant’Ignazio.
Durante gli studi liceali, Eugenio avrà modo di raccogliersi spesso dinanzi all’altare di San Luigi Gonzaga.
Si può dire che la sua adolescenza sia trascorsa tra la Vallicella e il tempio ludovisiano, tra i Filippini e i Gesuiti.

Compiuti gli studi teologici presso l’Ateneo Pontificio di Sant’Apollinare, ricevuta l’Ordinazione sacerdotale il 2 aprile 1899, celebrò la sua prima Messa il giorno successivo nella Basilica di Santa Maria Maggiore, presso l’Altare della Madonna “Salus Populi Romani”.
Nel 1901, ancora studente in diritto, venne assunto nella Curia Romana, in particolare nella Segreteria di Stato, dove avrebbe svolto il suo servizio, ricoprendo vari incarichi, fino a diventare Nunzio e poi, nel febbraio 1930, dopo aver ricevuto l’antico titolo cardinalizio dei Santi Giovanni e Paolo, Segretario di Stato.
Si può dire che, a parte il periodo della Nunziatura a Monaco e a Berlino, e dei viaggi compiuti come Legato papale, Eugenio Pacelli non si sia quasi mai fisicamente allontanato dal cuore di Roma; spiritualmente e moralmente non se ne allontanò assolutamente mai.

Schermata 03-2456729 alle 10.37.27Nel ricordino della sua prima Messa (a destra) egli, in latino, si definiva: “Eugenius Pacelli – romanus”. Davvero Eugenio Pacelli è sempre stato “romano”: nato e cresciuto nel cuore di Roma, ha sempre avuto Roma nel cuore.
Roma fu il campo della sua evangelizzazione spirituale, già da giovane sacerdote, ad esempio attraverso il ministero della confessione, esercitato nella Chiesa Nuova, dove ancora oggi è visibile il suo confessionale, su cui è stata apposta una piccola targa a ricordo, e poi anche da Segretario di Stato, attraverso i suoi grandi discorsi, i celebri panegirici, che presero avvio proprio in questa chiesa di Sant’Ignazio il 26 aprile 1931 con la commemorazione di San Roberto Bellarmino.
La romanissima “visita alle Sette Chiese” diede poi l’occasione al Cardinal Pacelli, nel 1937, in uno splendido discorso tenuto a Santa Maria in Vallicella, di accostare l’immagine giovannea dei sette candelabri, le sette chiese del percorso della visita e i sette balzi del cuore, suggeriti, forse, dal ricordo del prodigioso cuore di San Filippo.

Anche da Pontefice, nel maggio del 1944, Pio XII ricorderà, in una lettera al Preposito dell’Oratorio di Roma, lo straordinario fenomeno della visibile dilatazione del cuore di San Filippo e, per quei tempi disgraziati, lo proporrà come segno di quel supremo, ma all’epoca trascurato dai popoli in conflitto, amore, che assomma la religione e la civiltà.
Per Eugenio Pacelli–Pio XII, Roma era la “diletta Roma”, da cui, come Defensor civitatis, cercò di tenere lontano gli orrori dei bombardamenti e le peggiori distruzioni, non per sentimentalismo, ma perché egli era consapevole della unicità della storia e del “sacro” destino di questa città.

In un discorso ai giovani romani di Azione Cattolica del 10 giugno 1945, Pio XII proclamava: “Roma è una città unica: unica per la grandezza della sua storia e per la sua parte preponderante nella evoluzione della civiltà universale; unica soprattutto per la sua missione soprannaturale, che la pone al di fuori del flusso dei tempi e al di sopra delle distinzioni di nazionalità. Roma è la Madre- patria di tutti i cattolici sparsi su tutta la superficie del nostro globo”.
Per Pio XII la grandezza di Roma, la sua missione sono un tesoro che ogni generazione deve custodire – egli diceva, in un altro discorso, ai romani del suo tempo – nell’onore: “nell’onore di fronte ad un passato che richiama ed invita all’eroismo; nell’onore di fronte alle future generazioni, a cui voi dovete preparare in questo angoscioso presente la via dell’ordinato progresso e della vera e non caduca grandezza” (Discorso ai fedeli romani del 18 marzo 1945).

Manca il tempo, in questa circostanza, per sviluppare tali concetti, ma non posso chiudere questo mio breve intervento senza ricordare che, come Pio XII veniva dal cuore di Roma, era cresciuto e si era formato nel cuore di Roma, aveva Roma nel cuore, così seppe esprimere, nella sua carità senza confini, il vero cuore di Roma: “la carità romana – spiegava Pio XII in un discorso ai Parroci e quaresimalisti di Roma, il 6 febbraio 1940 – non è mai venuta meno nei secoli: essa brillò nelle catacombe, nelle case dei cristiani, negli ospedali, nei ricoveri dei pellegrini, degli orfani, dei randagi figli del popolo, nei pericoli delle famiglie e delle fanciulle, nei mille aspetti della sventura”.

E la carità romana è brillata di luce splendida nelle parole e nelle opere di questo grande figlio della Città Eterna.