Elie Wiesel, Pio XII, Papa Francesco. Quando il silenzio nasce dalla parola

di Alessandro Notarnicola • @Alessandro_news

Schermata 2016-07-29 alle 13.43.48Tre personalità diverse eppure accomunate da una stessa scelta: restare in silenzio davanti alle atrocità commesse dall’uomo verso l’altro uomo, forse perché aggiungere parole ad altre parole rischierebbe l’ottenimento di un effetto non voluto, banalizzare la storia. Quando padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ha dichiarato che Papa Francesco ad Auschwitz e Birkenau non avrebbe pronunciato neppure una preghiera a voce alta, i media si sono chiesti la ragione per cui Bergoglio, il Papa della comunicazione, avesse scelto il silenzio a un grido di denuncia, di orrore e di misericordia verso coloro che ieri e oggi “fanno la guerra perché hanno perduto la pace”. Il Papa incurante delle critiche e degli interrogativi, che probabilmente gli saranno rivolti dai giornalisti sul volo di ritorno da Cracovia, con il suo silenzio di rispetto verso le vittime della Shoah e che contempla i morti del terrorismo odierno, ha voluto mostrare al mondo che non necessariamente il Vicario di Cristo in terra deve esprimersi con le parole per dire la sua. I papi non sempre parlano, ma ciò non significa che non intervengono.

Dal silenzio di Bergoglio alle tante, moltissime, parole non dette da Papa Pacelli, il Pontefice che ha vissuto la tempesta dei due conflitti mondiali, il primo in veste di Sottosegretario della congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari e il secondo come Successore di Pietro, per decenni posto al centro di una querelle che di fatto rallenta il processo della causa di canonizzazione. Alcuni storici ritengono che i silenzi pacelliani siano stati più eloquenti e fruttuosi di quanto si possa credere: ed è infatti un dato chiaro e per niente discutibile il numero di persone che la Chiesa cattolica ha portato in salvo tra gli anni ’30 e gli anni ’40 del XX secolo. Solo nella città di Roma all’incirca 10.000-12.000 sopravvissero nascondendosi in chiese e stabili di proprietà della Santa Sede, Vaticano compreso. Allora ci domandiamo: questo dato è un silenzio o una parola?
A volte il silenzio è più fruttuoso della parola, lo ricorda anche Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2012. Gesù tacque sulla Croce, perché i papi non possono tacere?

Il Vaticano temeva che a qualsiasi protesta potevano seguire immediatamente sanzioni spietate, come avvenne in Olanda dove gli ebrei convertiti al cattolicesimo furono deportati contemporaneamente a tutti gli altri. In una nota diffusa il 31 luglio 1942 il commissario del Reich insediatosi ad Amsterdam dava le seguenti disposizioni: “Visto che i vescovi cattolici si sono immischiati nella faccenda – malgrado non fossero toccati personalmente – tutti gli ebrei cattolici verranno deportati entro questa settimana. Non si tenga conto di nessun intervento in loro favore. Il commissario generale Schmidt darà risposta pubblica ai vescovi il 2.8.42”. Occasione in cui fu deportata anche la filosofa e mistica tedesca Edith Stein.

La pensava così Albrecht von Kessel, membro dell’ambasciata tedesca presso il Vaticano: “Noi tutti del resto eravamo senza eccezione d’accordo su di un punto: una vibrata protesta del papa contro la persecuzione degli ebrei avrebbe posto il pontefice – e con lui l’intera curia romana – in una posizione di massimo pericolo e nell’autunno 1943 non avrebbe salvato la vita di un solo ebreo. Come una belva in trappola, Hitler avrebbe reagito tanto più ferocemente quanto più avrebbe trovato delle resistenze”.

Il cardinale Eugenio Tisserant, scomparso nel 1972, ha sempre testimoniato in diverse occasioni come Pio XII avesse in animo di formulare una pubblica protesta contro il dramma scatenato da Hitler. “Se Pio XII preferì alla protesta l’azione sotterranea a favore delle vittime del nazismo, lo fece unicamente per non aggravare la loro drammatica situazione. Questa è una realtà che la storia non può negare”, disse in un’intervista del 1964 l’ex segretario della Sacra Congregazione per la Chiesa Orientale.

Tuttavia, pur aggrappandosi a qualche Radiomessaggio chiaro e diretto ai cattolici d’Europa, la Santa Sede mandava al Reich continuamente Rapporti di protesta, la cui lettura non serviva a frenare “l’ardore omicida dei maestri del Terzo Reich”.

A questo punto, la storia si ripete e se quei Rapporti non venivano presi in considerazione, forse neppure sfogliati, d’altra parte anche gli appelli accorati di Papa Francesco contro il terrorismo e verso coloro che forniscono armi ai distruttori della pace sembrano non essere ascoltati in egual maniera. Potrebbe essere questa, innanzitutto, la ragione per cui Bergoglio oggi ha deciso di pregare, e di seguire l’invito al silenzio di Elie Wiesel, giornalista di origine ebraica e romena sopravvissuto all’Olocausto.

Piuttosto che parlare a vuoto tacete. Ma non vinca il silenzio su ciò che è stato. Più che contraddittorio era rispettoso il pensiero del “padre dell’Olocausto”, cioè di colui, Wiesel, che si è reso cantore dei cantori, superstite tra i sopravvissuti e che ha traghettato il dramma della Shoah nel terzo millennio. Mai in silenzio di fronte al male, eppure proprio lui ha scritto: “il silenzio di Birkenau non assomiglia a nessun altro silenzio: ha in sé le grida di disperazione, le preghiere strangolate di migliaia e migliaia di comunità che il nemico condannò ad essere ingoiate dall’oscurità di una notte infinita, una notte senza nome”. Ecco perché Papa Francesco camminando sui ciottoli di Auschwitz e Birkenau oggi ha taciuto, la misericordia non si insegna, al massimo si ascolta e il silenzio è il megafono più utile a tale scopo.

Alessandro Notarnicola • @Alessandro_news