E Pio XII arriva sui social network

da L’Osservatore Romano del 9 ottobre 2013

Il rasoio del Papa, si sa, non è un rasoio qualsiasi. Ha sempre un posto privilegiato, quando occorre, tra le cronache dei giornali. È toccato al rasoio di Papa Francesco, quando la curiosità di qualcuno non ha resistito a chiedergli cosa ci fosse in quella borsa che portava con sé in partenza per Rio. Ma era cominciato già tutto con Pio XII. Addirittura, quel rasoio – un esemplare meno all’avanguardia, ovvio – si era meritato una copertina, sulla Domenica del Corriere del 4 maggio 1952, accanto al cardellino dei Sacri Palazzi. Pacelli aveva pubblicamente ringraziato per quel dono moderno, che gli permetteva – disse – di risparmiare tempo la mattina, per dedicarne di più alla preghiera. A quei tempi, la tecnologia si fermava lì: il rasoio era il massimo. C’erano, di tecnologico, al massimo i radiomessaggi alla radio: e il Papa non disdegnò di fare ricorso, ed anche massicciamente, a quest’altra diavoleria moderna. Certo, forse condensare un pensiero in soli 140 caratteri l’avrebbe costretto a snellire un po’ il suo tono sempre solenne, ma anche Twitter, in fondo, gli avrebbe consentito di risparmiare tempo, per dedicarne di più alla preghiera e alla carità.

Raggiungendo, evidentemente, un pubblico amplissimo. Intuizione, del resto, che non è mancata ai suoi successori – prima Benedetto XVI e poi, ora, Francesco. Ma non è mai troppo tardi, per nessuno. E oggi, a 55 anni dalla morte di Pio XII, la sua “voce” arriva anche su Twitter. L’account, per chi naviga, è semplicemente «Papa Pio XII», @SSPioXII, e l’iniziativa è di uno studente di ventisei anni, di Milano. A conferma che le parole vere, anche se vengono da mezzo secolo di distanza, non perdono mai il loro fascino. Ed è il fascino di queste parole che i

brevi tweet tentano di trasmettere, prendendosi l’unica libertà – come si scriveva sopra – di sfoltire il lessico pontificio di quegli anni, senza tuttavia tradirne il senso e la bellezza, al fine di rientrare nei limiti di caratteri imposti dal server. E forse stupisce che, tra i followers di Pio XII, la maggior parte siano proprio giovani. Così come accade per una delle diverse pagine dedicate al Pontefice venerabile su Facebook. Si segnala questa, tra le altre, perché nasce da un’intenzione che merita attenzione: la pagina «Miracles of Pius XII», curata da un sacerdote di una parrocchia del Wisconsin, poco lontano da Chicago, nasce per chiedere a quante più persone possibile la preghiera di intercessione per alcuni casi di malattia particolarmente grave. “Portare” Pio XII sui social network significa tentare di renderlo contemporaneo soprattutto ai più giovani, che non ne hanno il ricordo visibile; e l’esperienza, di cui si è citato solo qualche esempio, è che laddove non manca l’audacia, i risultati – valutabili innanzitutto qualitativamente – sono sorprendenti. Forse perché, vinta l’iniziale diffidenza che il gap generazionale porta naturalmente con sé, soprattutto i più giovani sanno riconoscere prima di altri i pastori che hanno realmente «l’odore del gregge». Si noti, tra l’altro, che trattasi, in entrambi i casi citati, di iniziative del tutto spontanee, non orientate da chi più direttamente si occupa della causa di beatificazione: segno che una devozione semplice a Papa Pacelli, nonostante quello che talvolta si è propensi a credere, non manca nel popolo di Dio. Lo sforzo, e questa “operazione social network” proprio qui interviene, è soltanto quello di rimuovere con delicatezza la patina di lontananza che la storia ci consegna, e ristabilire invece l’immagine di Pio XII come fu realmente avvertita dai suoi contemporanei: il Pastore, modernamente timido, tutto attento a medicare le ferite degli uomini, applicando direttamente Cristo su queste ferite. Qui si capisce perché chi nega la modernità di Pacelli sia, in realtà, sulla strada sbagliata; la sua autentica modernità fu in questo: nell’intuizione, andando all’essenziale delle cose, che, mettendo da parte Cristo, l’uomo sofisticato del nostro tempo si metteva nella direzione di un pericoloso suicidio. Togliendo Cristo, l’uomo si ferisce, di una ferita profonda, che solo Cristo stesso, di nuovo, può guarire. E sempre questo fu il tormento interiore più grande di Pio XII: non poter efficacemente fermare l’uomo – ogni uomo, nella sua stupenda singolarità – da questo autolesionismo senza Cristo. Questo dice all’uomo dei social network Pacelli, sempre in mezzo al suo popolo con le braccia spalancate, come quel luglio a San Lorenzo: «Sa il Signore come vorremmo penetrare in ogni casa, passare attraverso tutte le corsie degli ospedali, sostare benedicenti accanto ad ogni culla, chinarci con tenerezza su ogni sofferenza; vorremmo poter liberare tutti da ogni timore, per donare a tutti la pace, per riempire tutti di gaudio» (Urbi et Orbi di Pasqua, 1957). Ed è di pastori così che i giovani di Facebook e Twitter hanno, oggi più che mai, urgente bisogno.

Luigi Testa