Benedetto XVI: «La santità, l’ideale di Pio XII»

Dieci anni fa, il 19 dicembre 2019, papa Benedetto XVI firmava il decreto che riconosce l’eroicità delle virtù di Pio XII. L’anniversario è celebrato in Roma con una Santa Messa presieduta dal Card. Dominique Mamberti, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nela Chiesa di Santo Spirito in Sassia. Pubblichiamo di seguito alcune parole di Papa Benedetto XVI su Eugenio Pacelli.

dall’omelia per la Cappella Papale nel 50^ della morte di Pio XII
Basilica Vaticana, 9 ottobre 2008

“Chi ascolta la mia parola e crede… ha la vita eterna” (Gv 5,24). Questa assicurazione di Gesù, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci fa pensare ai momenti più duri del pontificato di Pio XII quando, avvertendo il venir meno di ogni umana sicurezza, sentiva forte il bisogno, anche attraverso un costante sforzo ascetico, di aderire a Cristo, unica certezza che non tramonta. La Parola di Dio diventava così luce al suo cammino, un cammino nel quale Papa Pacelli ebbe a consolare sfollati e perseguitati, dovette asciugare lacrime di dolore e piangere le innumerevoli vittime della guerra. Soltanto Cristo è vera speranza dell’uomo; solo fidando in Lui il cuore umano può aprirsi all’amore che vince l’odio. Questa consapevolezza accompagnò Pio XII nel suo ministero di Successore di Pietro, ministero iniziato proprio quando si addensavano sull’Europa e sul resto del mondo le nubi minacciose di un nuovo conflitto mondiale, che egli cercò di evitare in tutti i modi: “Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”, aveva gridato nel suo radiomessaggio del 24 agosto 1939.

La guerra mise in evidenza l’amore che nutriva per la sua “diletta Roma”, amore testimoniato dall’intensa opera di carità che promosse in difesa dei perseguitati, senza alcuna distinzione di religione, di etnia, di nazionalità, di appartenenza politica. Quando, occupata la città, gli fu ripetutamente consigliato di lasciare il Vaticano per mettersi in salvo, identica e decisa fu sempre la sua risposta: “Non lascerò Roma e il mio posto, anche se dovessi morire”. I familiari ed altri testimoni riferirono inoltre delle privazioni quanto a cibo, riscaldamento, abiti, comodità, a cui si sottopose volontariamente per condividere la condizione della gente duramente provata dai bombardamenti e dalle conseguenze della guerra. E come dimenticare il radiomessaggio natalizio del dicembre 1942? Con voce rotta dalla commozione deplorò la situazione delle “centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento”, con un chiaro riferimento alla deportazione e allo sterminio perpetrato contro gli ebrei. Agì spesso in modo segreto e silenzioso proprio perché, alla luce delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, egli intuiva che solo in questo modo si poteva evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. Per questi suoi interventi, numerosi e unanimi attestati di gratitudine furono a lui rivolti alla fine della guerra, come pure al momento della morte, dalle più alte autorità del mondo ebraico, come ad esempio, dal Ministro degli Esteri d’Israele Golda Meir, che così scrisse: “Quando il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle vittime”, concludendo con commozione: “Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace”.

Purtroppo il dibattito storico sulla figura del Servo di Dio Pio XII, non sempre sereno, ha tralasciato di porre in luce tutti gli aspetti del suo poliedrico pontificato. Tantissimi furono i discorsi, le allocuzioni e i messaggi che tenne a scienziati, medici, esponenti delle categorie lavorative più diverse, alcuni dei quali conservano ancora oggi una straordinaria attualità e continuano ad essere punto di riferimento sicuro. Paolo VI, che fu suo fedele collaboratore per molti anni, lo descrisse come un erudito, un attento studioso, aperto alle moderne vie della ricerca e della cultura, con sempre ferma e coerente fedeltà sia ai principi della razionalità umana, sia all’intangibile deposito delle verità della fede. Lo considerava come un precursore del Concilio Vaticano II.

(…)

Cari fratelli e sorelle, mentre preghiamo perché prosegua felicemente la causa di beatificazione del Servo di Dio Pio XII, è bello ricordare che la santità fu il suo ideale, un ideale che non mancò di proporre a tutti. Per questo dette impulso alle cause di beatificazione e canonizzazione di persone appartenenti a popoli diversi, rappresentanti di tutti gli stati di vita, funzioni e professioni, riservando ampio spazio alle donne. Proprio Maria, la Donna della salvezza, egli additò all’umanità quale segno di sicura speranza proclamando il dogma dell’Assunzione durante l’Anno Santo del 1950. In questo nostro mondo che, come allora, è assillato da preoccupazioni e angosce per il suo avvenire; in questo mondo, dove, forse più di allora, l’allontanamento di molti dalla verità e dalla virtù lascia intravedere scenari privi di speranza, Pio XII ci invita a volgere lo sguardo verso Maria assunta nella gloria celeste. Ci invita ad invocarla fiduciosi, perchè ci faccia apprezzare sempre più il valore della vita sulla terra e ci aiuti a volgere lo sguardo verso la meta vera a cui siamo tutti destinati: quella vita eterna che, come assicura Gesù, possiede già chi ascolta e segue la sua parola. Amen!

dal discorso ai partecipanti al congresso «L’eredità del magistero di Pio XII
e il Concilio Vaticano II»

Sala Clementina, 8 novembre 2008

Negli ultimi anni, quando si è parlato di Pio XII, l’attenzione si è concentrata in modo eccessivo su una sola problematica, trattata per di più in maniera piuttosto unilaterale. A parte ogni altra considerazione, ciò ha impedito un approccio adeguato ad una figura di grande spessore storico-teologico qual è quella del Papa Pio XII. L’insieme della imponente attività svolta da questo Pontefice e, in modo del tutto speciale, il suo magistero sul quale vi siete soffermati in questi giorni, sono una prova eloquente di quanto ho appena affermato. Il suo magistero si qualifica infatti per la vasta e benefica ampiezza, come anche per la sua eccezionale qualità, così che può ben dirsi che esso costituisca una preziosa eredità di cui la Chiesa ha fatto e continua a fare tesoro.

(…)

Che dire della qualità dell’insegnamento di Pio XII? Egli era contrario alle improvvisazioni: scriveva con la massima cura ogni discorso, soppesando ogni frase ed ogni parola prima di pronunciarla in pubblico. Studiava attentamente le varie questioni ed aveva l’abitudine di chiedere consiglio ad eminenti specialisti, quando si trattava di temi che richiedevano una competenza particolare. Per natura ed indole Pio XII era un uomo misurato e realista, alieno da facili ottimismi, ma era altresì immune dal pericolo di quel pessimismo che non si addice ad un credente. Aborriva le sterili polemiche ed era profondamente diffidente nei confronti del fanatismo e del sentimentalismo.

Questi suoi atteggiamenti interiori rendono ragione del valore e della profondità, come anche dell’affidabilità del suo insegnamento, e spiegano l’adesione fiduciosa ad esso riservata non solo dai fedeli, ma anche da tante persone non appartenenti alla Chiesa. Considerando la grande ampiezza e l’alta qualità del magistero di Pio XII, viene da chiedersi come egli sia riuscito a fare tanto, pur dovendo dedicarsi ai numerosi altri compiti connessi col suo ufficio di Sommo Pontefice: il governo quotidiano della Chiesa, le nomine e le visite dei Vescovi, le visite di Capi di Stato e di diplomatici, le innumerevoli udienze concesse a persone private ed a gruppi molto diversificati.

Tutti riconoscono a Pio XII un’intelligenza non comune, una memoria di ferro, una singolare dimestichezza con le lingue straniere ed una notevole sensibilità. Si è detto che egli era un diplomatico compito, un eminente giurista, un ottimo teologo. Tutto questo è vero, ma ciò non spiega tutto. Vi era altresì in lui il continuo sforzo e la ferma volontà di donare se stesso a Dio senza risparmio e senza riguardo per la sua salute cagionevole. Questo è stato il vero movente del suo comportamento: tutto nasceva dall’amore per il suo Signore Gesù Cristo e dall’amore per la Chiesa e per l’umanità. Egli infatti era innanzitutto il sacerdote in costante ed intima unione con Dio, il sacerdote che trovava la forza per il suo immane lavoro in lunghe soste di preghiera davanti al Santissimo Sacramento, in colloquio silenzioso con il suo Creatore e Redentore. Da lì traeva origine e slancio il suo magistero, come d’altronde ogni altra sua attività.

Non deve pertanto stupire che il suo insegnamento continui anche oggi a diffondere luce nella Chiesa. Sono ormai trascorsi cinquant’anni dalla sua morte, ma il suo poliedrico e fecondo magistero resta anche per i cristiani di oggi di un valore inestimabile. Certamente la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è un organismo vivo e vitale, non arroccato immobilmente su ciò che era cinquant’anni fa. Ma lo sviluppo avviene nella coerenza. Per questo l’eredità del magistero di Pio XII è stata raccolta dal Concilio Vaticano II e riproposta alle generazioni cristiane successive. E’ noto che negli interventi orali e scritti presentati dai Padri del Concilio Vaticano II si riscontrano ben più di mille riferimenti al magistero di Pio XII. Non tutti i documenti del Concilio hanno un apparato di Note, ma in quei documenti che lo hanno, il nome di Pio XII ricorre oltre duecento volte. Ciò vuol dire che, fatta eccezione per la Sacra Scrittura, questo Papa è la fonte autorevole più frequentemente citata. Si sa inoltre che le note apposte a tali documenti non sono, in genere, semplici rimandi esplicativi, ma costituiscono spesso vere e proprie parti integranti dei testi conciliari; non forniscono solo giustificazioni a supporto di quanto affermato nel testo, ma ne offrono una chiave interpretativa.

Possiamo dunque ben dire che, nella persona del Sommo Pontefice Pio XII, il Signore ha fatto alla sua Chiesa un eccezionale dono, per il quale noi tutti dobbiamo esserGli grati.